Infiammazione delle pareti ulcerate: sintomi, possibili cause e trattamenti consigliati

La colite ulcerosa è una patologia infiammatoria che riguarda la muscosa dell’intestino, in particolare colon e retto. Questa patologia rientra tra quelle infiammatorie croniche che comprendono anche il morbo di Crohn, la colite ulcerosa e la colite indeterminata. 

La colite ulcerosa solitamente, colpisce la mucosa del retto ma può anche coinvolgere interamente o solo in parte il colon, in modo continuo dall’ano al ceco. L’andamento di questa malattia è caratterizzato da una fase acuta a cui seguono periodi più o meno lunghi di remissione. Scopriamo insieme quali sono i principali sintomi, le possibili cause e come intervenire seguendo i consigli degli esperti.

Quali possono essere le cause dell’infiammazione delle pareti ulcerate?

Come tutte le malattie infiammatorie croniche, anche questa patologia può avere una natura immunitaria, ovvero si tratta di una patologia che riconosce nei meccanismi immunitari presenti negli strati della parete intestinale l’elemento centrale. La parete intestinale è costituita da quattro strati: lo strato sieroso, lo strato muscolare esterno, la sottomucosa e la membrana mucosa.

Proprio nella membrana mucosa si attivano tutti i processi più importanti che sono legati ai meccanismi di digestione e di difesa. In particolare, possiamo riconoscere tre strati: l’epitelio, la lamina propria e la muscularis mucosae. La lamina propria contiene le ghiandole intestinali e i noduli linfatici solitari che sono i principali responsabili delle risposte degli anticorpi, risposte provenienti dal sistema immunitario.

Anche se non è chiaro il meccanismo che sta alla base dell’alterazione del sistema immunitario, si pensa che le principali cause che portando all’insorgenza dell’infiammazione delle pareti ulcerate, possano essere di origine infettiva, allergica a componenti dell’alimentazione oppure una risposta immunitaria anomala ad antigeni batterici.

Sintomatologia

Se la causa ancora oggi sembra essere ignota, anche l’esordio della malattia spesso non è facile da capire e quasi sempre, la diagnosi avviene in ritardo. Il sintomo principale è il sanguinamento rettale, ma il quadro clinico varia in base alla gravità della colite ulcerosa che può interessare:

  • il retto con un eventuale coinvolgimento del sigma;
  • il colon discendente e in questo caso si parla di colite sinistra;
  • il trasverso (colite estesa) o il cieco (pancolite).

I pazienti spesso lamentano diarrea con muco e sangue nelle feci, a cui si possono associare:

  • dolore addominale che termina solo dopo avere defecato;
  • contrazione con spasmi associati a dolore dello sfintere anale, con un continuo stimolo di defecare;
  • urgenza di defecazione;
  • incontinenza.

I sintomi possono variare anche in funzione dell’estensione della malattia, mentre la gravità dei sintomi dipende dalla gravità delle lesioni presenti nelle pareti ulcerate. La diagnosi spesso segue un ricovero ospedaliero in presenza di sintomi debilitanti come febbre, tachicardia, dimagrimento, anemia severa.

Diagnosi

Il quadro clinico nella maggior parte dei casi non sempre è chiaro fin da subito e quindi, non è possibile ottenere una diagnosi di colite ulcerosa con una sola indagine. E’ richiesta, infatti una valutazione complessiva della situazione clinica del paziente e dei risultati di vari esami sia di laboratorio che strumentali. 

Sebbene possono essere colpite tutte le fasce di età, sembra esistere una fascia di popolazione maggiormente colpita, di giovani adulti tra i 25 e i 40 anni. La diagnosi viene effettuata tenendo conto dello stato clinico del paziente, del quadro endoscopico e dell’esame istologico nel quale vengono prelevati campioni bioptici durante un esame endoscopico. Da un punto di vista clinico, la malattia viene distinta in quattro forme diverse: remissione, lieve, moderata e severa. Gli esami solitamente richiesti prevedono:

  • una colonscopia: mediante la quale vengono eseguiti dei prelievi che consentono di riconoscere gli elementi fondamentali;
  • esami di laboratorio: come emocromo, VES, PCR, test di funzionalità epatica e altro;
  • esami microbiologici: come la coprocoltura, la ricerca delle tossine;
  • ecografia addominale: che consente di individuare versamenti, ascessi, adenopatie;
  • radiografia dell’addome senza mezzo di contrasto: che può essere utile per escludere eventuali dilatazioni del colon, perforazioni intestinali;
  • TAC con mezzo di contrasto: per individuare eventuali ascessi o fistole;
  • dosaggio degli anticorpi ASCA: che sono riconducibili a una colite ulcerosa nella maggior parte dei casi.

Quali possono essere i fattori di rischio?

La colite ulcerosa è una malattia cronica che può avere un andamento altalenante, con delle complicanze che possono essere individuate in base alla zona colpita e all’intervallo di tempo. L’organo bersaglio dell’infiammazione delle pareti ulcerate è l’intestino e la complicanza più nota è il sanguinamento. Tutti i processi infiammatori che coinvolgono l’intestino possono portare diarrea, febbre, tachicardia, perdita di forze e appetito. La colite ulcerosa può riacutizzarsi oppure non rispondere al trattamento farmacologico e portare:

  • a una possibile erosione dei tessuti, ovvero ulcere, che non si cicatrizzano ma bensì si espandono attraverso la parete del colon causando una peritonite o una paralisi intestinale;
  • una possibile progressiva e irreversibile distensione del colon che porta alla perforazione dell’organo.

Dal momento che questa patologia è una malattia progressiva, anche i danni possono estendersi in modo progressivo e provocare altre patologie come l’artrite periferica, la spondilite anchilosante, l’eritema nodoso.

Linee guida sull’alimentazione

Quando si parla di infiammazione delle pareti ulcerate spesso ci si sofferma sulla diagnosi e terapia basata sui tradizionali farmaci biologici fino ad arrivare alle terapie sperimentali o agli interventi chirurgici, laddove necessari. L’alimentazione e la dieta passano spesso in secondo piano nonostante siano una costante preoccupazione dei pazienti affetti da questa patologia.

In passato, alcuni studi condotti in tal proposito sembrano avere dimostrato come una dieta ricca di grassi, carne rossa e conservanti possa provocare un aumento del rischio di riacutizzazione, mentre una dieta mediterranea sembra essere protettiva. Si pensa che questo effetto possa essere dovuto alla presunta capacità della dieta di potere modificare la flora intestinale, ovvero il microbiota.

Nel morbo di Crohn ad esempio, un’altra patologia infiammatoria a carico dell’intestino, le linee guida internazionali propongono la possibilità di utilizzare una terapia a cui associare un’adeguata dieta per fare sì che la malattia possa giungere in fase di remissione. Nella colite ulcerosa la dieta può essere utile per la prevenzione delle recidive ma non deve prescindere dalla terapia medica che sembra essere l’unica soluzione per evitare riacutizzazioni della malattia.

Per quanto riguarda la dieta spesso, nella fase acuta della malattia si ricorre a un’alimentazione priva di scorie o a basso residuo, quindi povera di fibre dove vanno evitati il consumo di cereali, legumi, ortaggi, frutti con semi, noci, nocciole, arachidi e alimenti a base di crusca. Gli esperti consigliano di seguire quest’alimentazione anche per evitare l’eccesso di fermentazione delle scorie da parte dei batteri dell’intestino, e la conseguente formazione di gas responsabili del meteorismo e gonfiore addominale, che possono aggravare i sintomi della patologia. La dieta priva di scorie può aiutare a facilitare la pulizia dell’intestino, che può essere utile per un eventuale esame endoscopico che nei casi di riacutizzazione grave.

Trattamenti consigliati ed esercizi fisici

Anche se non esiste in medicina ancora oggi una cura per la colite ulcerosa, le terapie prescritte possono aiutare a ridurre i sintomi e portare alla fase remissiva. Il trattamento consigliato può avvenire con la combinazione di terapie farmacologiche, alimentazione personalizzata o intervento chirurgico. Si può ricorrere all’assunzione di farmaci specifici come la mesalazina, un antinfiammatorio non steroideo, che può essere utile nel trattamento delle fasi attive della malattia ma anche consigliato per la prevenzione delle recidive.

Nel caso di fase acuta può essere necessario il ricovero in ospedale, dove gli specialisti sottopongono a un trattamento a base di cortisone. Si può anche ricorrere all’uso di farmaci somministrati per via rettale. In alcuni casi, lo specialista può decidere di optare per un intervento chirurgico nelle forme gravi.  Lo stress può essere responsabile del peggioramento dei sintomi della malattia e per combatterlo vengono anche consigliate soluzioni come esercizio fisico leggero, per aiutare a favorire le funzioni intestinali. Utile anche la tecnica di biofeedback da praticare con un esperto oppure esercizi di respirazione praticando yoga.